Gabriella Ganugi: la flessibilità si mette in valigia
Divisa tra Usa e Italia, l’imprenditrice, cuoca, scrittrice e archittetto da 22 anni si dedica all’istruzione internazionale nella sua Florence University of the Arts, dove “si impara facendo”
Tutto iniziò da un cartello. Tenuto in mano per farsi riconoscere. A Roma. Era il 1985. Impossibilitato da un’influenza, qualcuno le chiese il favore di andare a prendere tre studenti stranieri che avrebbero trascorso un semestre a Firenze, la sua città natale. Da architetto avviato alla carriera universitaria, Gabriella Ganugi accettò. E dall’incontro con quegli studenti capì che il suo futuro sarebbe stato nell’istruzione internazionale. “Mi sentii così felice che decisi di dedicarmi a quello”. Dopo varie esperienze in un college e in una scuola di lingua, nel 1997 realizzò il suo primo sogno fondando Apicius International School of Hospitality. La nascita della Florence University of the Arts (FUA) ne è seguita diventando partner di oltre 100 università straniere e meta per oltre 3mila studenti l’anno provenienti da 47 Paesi. A loro sono offerti più di 200 corsi, anche quelli chiamati “Walks without a classroom”, in cui si privilegia l’esperienza come metodo di apprendimento.
Agli studenti in arrivo a Firenze, lei dice sempre: “Put flexibility in your suitcase”, metti in valigia la flessibilità. Perché, secondo lei, “bisogna avere la testa completamente libera da preconcetti e stereotipi sull’Italia, che altrimenti rischiano di rovinare l’esperienza”. Solo così, vivendo a pieno la cultura italiana “come esperienza personale, la vita cambierà loro per sempre”. E si capirà che il ‘diverso’ non è né migliore né peggiore.
Sin dalle origini, Ganugi ha voluto offrire ai suoi studenti “le opportunità che io non ho avuto. Vengo da una famiglia di operai. Mio padre guidava l’autobus, mia madre faceva la sarta. Non c’erano nemmeno i libri in casa. Avrei voluto viaggiare, studiare in un altro Paese…Ho sempre avuto questa voglia di creatività, dell’inventarmi delle cose”.
E’ così, coltivando contemporaneamente la passione per la cucina e il giardinaggio e scrivendo libri (17), che Ganugi è diventata un’imprenditrice. “Ho cominciato ad andare per banche, a chiedere soldi in prestito”, ci racconta. Essendo una donna, “ho dovuto essere molto determinata e credere in quello che facevo perché le prime banche si mettevano a ridere. Mi chiedevano se avevo un padre o un marito che potessero dare garanzie. E’ solo la determinazione che ti porta avanti. Sempre da sola, e senza mai usufruire di un finanziamento pubblico e senza alcun aggancio politico”.
Con quella determinazione, ha creato un sistema dell’istruzione superiore autorizzato dalla regione Toscana che offre corsi annuali, biennali, triennali e anche di quattro anni. Essi spaziano dallo hospitality management (con la scuola Apicius) al digital imagining and visual arts (Diva) passando per moda e accessori (Fast), interior design (Ideas), business (Isb) e, tra gli altri, giornalismo, comunicazione ed editoria (J School). C’è poi un programma, Study Abroad, che consente agli studenti americani di trasferire alle loro università d’origine i crediti maturati alla FUA.
Ogni offerta formativa, spiega Ganugi, ruota attorno all’experiential learning. L’obiettivo è permettere agli studenti di imparare facendo esperienze. E per FUA di “insegnare le conoscenze insieme alle competenze”. In pratica, ogni scuola promuove esperienze che implicano il coinvolgimento della comunità locale. E così, la scuola di hospitality ha un ristorante (Ganzo) e una pasticceria (Fedora School Pastry Shop), una piccola Spa (Sorgiva) e un piccolo albergo-scuola (Dimora), tutti aperti alla comunità e gestiti dagli studenti. E’ li che si fa anche lezione. Sulla base dello stesso principio, la scuola di moda ha un negozio (FLY Fashion Loves You) dove designer emergenti si mettono alla prova (c’è anche un laboratorio). Ganugi ha sottolineato che “ovviamente queste entità non sono commerciali” ma no profit. E che servono, appunto, per imparare facendo, come successo a lei quando si è sentita “costretta a diventare imprenditrice”.
“Per me questo non è un lavoro”, ci spiega da New York. “E’ la mia vita stessa, non mi sembra nemmeno di lavorare. La mia vita personale è molto intersecata, si identifica con quel che faccio”. Inclusa la scrittura e la cucina (la prima scuola da lei fondata). “Sulla base di questa passione, ho scritto 17 libri, l’ultimo un memoir [La bambina che contava le formiche, edito da Ugo Mursia Editore] che spiega come ho iniziato e che raccoglie anche le ricette della mia vita, della mamma, della nonna, e le mie perché segnano tutte le fasi della mia vita”. Quella passione è nata studiando architettura, quando si era concentrata sul giardino storico. “C’era sempre un giardino segreto dove la famiglia nobile cresceva tutte le erbe e gli ortaggi per la cucina. Questo giardino era sempre vicino alla cucina”. Studiando anche le ricette storiche, Ganugi continua, “ho cominciato a sperimentare, a cercare a lavorare su questo e ho pensato di collegare le due cose, ossia l’international education con la cucina e l’ospitalità che non esisteva in Italia a livello universitario. Partii subito con 60 studenti”.
A quegli studenti la sua FUA si presenta come “molto molto meno costosa di tutti le università Usa in Italia come la NYU e Syracuse University. Costiamo un terzo”. E per chi non se lo può permettere ma ha talento e voglia di fare, l’istituto offre varie tipologie di borse di studio e soluzioni. Gli studenti possono fare volontariato oppure piccoli lavori all’interno di FUA per potere pagare la retta, per esempio.
Omar Armas, dal Messico, ha spiegato che Fua “mi ha insegnato a non avere paura di fare errori, che da un errore qualcosa di migliore può emergere”. Da proprietario del ristorante Mantou Gastropub, lo chef ha detto che “siamo attualmente considerati i più innovativi in città [Ensenada, Messico], grazie a una cultura di propensione al rischio e grazie al pensare fuori dagli schemi”.
Anche Alexandra Zofcin ha citato quello che in Usa chiamano “thinking outside the box” come una delle cose imparate a FUA. Dalla Florida, la laureata alla Lynn University e fondatrice del marchio di moda The House of AmZ ha detto che “essere in un Paese straniero aiuta a imparare a sentirsi a proprio agio in situazioni in cui non lo si è e ad adattarsi rapidamente. Ho imparato ad usare questo approccio nel mio design e nella mia creatività”.
La designer di “Tuscan Brands” Vanessa Weego, dal New Hampshire, ha aggiunto che “lavorare in un campo legato all’Italia richiede esperienze dirette con il Paese. Averlo fatto attraverso FUA insieme alle mie competenze acquisite al college [Plymouth State University] sono stati i fattori principali che hanno portato alla mia assunzione. L’esperienza italiana è stata importante per l’azienda”.
Ora Ganugi ha ancora un sogno nel cassetto. Definendosi “determinata, creativa e onesta”, e provando “compassione” per l’Italia e “ammirazione” per gli Stati Uniti – “quelli che mi hanno aiutato e creduto in me sin dall’inizio” – lei punta a offrire ai suoi studenti una laurea italiana. “Ho fatto domanda tre volte al Ministero della pubblica istruzione in Italia per essere riconosciuta come università privata ma mi hanno sempre detto di no”. Nel frattempo ha puntato sulle università straniere, e americane. Inclusa la University of South Florida che nel maggio 2012 l’ha premiata con il «Global Leadership in International Education». Dividendosi tra Firenze e New York, Ganugi ha fatto della flessibilità un modo di essere. La stessa flessibilità che suggerisce ai suoi studenti di mettere in valigia.
- Original Artilcle on America24 – Il Sole 24 Ore